Una Babele silenziosa

del 19 aprile 2013

su Wordpress


Ho abolito per l’ennesima volta i caffè e i latticini ma alla birra proprio non riesco, la trovo irresistibile. Soprattutto quando un amico mi dice che è stanco d’essere innamorato dell’Amore, frase fatta, per alcuni stantia, ma che risulta gradevole ai miei banchi di memoria.

Ieri c’era pane carasau, sul bancone rosso Pompei in via del Pratello, e si parlava di sesso e rammarichi. Guardavo la mia bottiglia di birra e pensavo al mio ventre (che non mi sembra così prominente però, quando mi guardo allo specchio) e alla mia resa fisica quando bevo (che però, spero per signorilità, non viene notata quando, con grandi sforzi e fatiche, mi dedico al piacere altrui), alla grande tela a casa dove ho tracciato il segno di un sogno, che regalerò come al solito.

Si parlava, ieri sera, e si ascoltava poco…

C’è un virus, nell’aria… un virus che ci fa parlare e parlare e parlare e se si tace un attimo, tutto quel parlare, è ridondante e vacuo.

Sembriamo ombre in un paese di ombre.

Nonostante questo mio vedere nutro qualche piccola speranza. Mi si accende quando, col mio silenzio e il mio sguardo insistente, mi fisso su una persona e questa risponde con altrettanto silenzio e curiosità. In quel momento di silenzio e di ricerca le persone cessano le loro futilità e brillano di un bianco opaco.

Prima di una frase dovrebbe esserci un grande silenzio e un incontro di sguardi. Prima di ogni pensiero ci dovrebbe essere un desiderio concreto di “accogliere” l’altro, reprimendo, magari, la voglia di raccontarsi delle balle e raccontarsele sperando di soddisfare se stessi, in una sorta di onanismo folle, incuranti del proprio ego.

Ma mi rendo conto che mi scrivo addosso, che me la racconto, seguendo confusamente il mio desiderio intimo di santità.

Siamo nell’epoca di Babilonia, o Babele se vi gusta e i nostri canti rassegnati si accalcano provocando un debole rumore di fondo che si perde inconsistente nello spazio profondo. È un”epoca che dura da quando abbiamo trasformato l’ululato tribale in parola, da quando i nostri grugniti han cessato di esser suoni incongrui… le nuove tecnologie, la rete soprattutto, non hanno fatto altro che ingigantire il senso di vuoto.

Inutile parlare quindi di Amore se le telefonate sono anonime (in tutti i sensi) o parlare di Desiderio se si scarta sempre di più per avere altro, un qualsiasi altro, e ci si accalca gli uni sugli altri come formiche, o , peggio, di Solitudine se passeggiando per Via del Pratello mi sento a casa, tante sono le solitudini urlate.

Parlavamo, ieri sera, e si ascoltava poco, Amico caro… fino a un certo punto, quello in cui ci siamo guardati, sorridendo e mi è bastato per ritrovarmi dall’altra parte del banco, nascosto dentro la tua birra, illuminato dai tuoi dubbi, perseguitato dai tuoi rammarichi.

Ho guardato la falce di luna. Via del Pratello era proprio perfetta.



Domani sono a casa

Interludio

il fusso di pensieri solo all'apparenza caotico