891,5

del 27 novembre 2022

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Ciao, come stai?
È un po’ che non ti sento e nemmeno che ti vedo.
Ti sogno, si, ma non ci sei nel piano della realtà
in cui vivo.
Ci sono tracce di te qua e là ma niente di più.
Registrazioni, immagini, parole sempre più sbiadite
e numeri.

891 giorni e dodici ore fa
mio fratello mi carezzò la spalla
svegliandomi con dolcezza
con le parole che più odiavo tra tutte
quelle immaginabili.

Ero a letto, nel tuo letto,
su cui non dormivi da anni,
sotto il tuo piumone preferito
e dormivo e sognavo
tu sai che sognavo
e cosa sognavo
ed era bello perché eri lì
perché ancora non ti lasciavo andare,
egoisticament.
non ti lasciavo andare

Ma la tua alleata, su un altro piano della realtà,
era forte,
tanto più forte,
invincibile tanto non apparteneva alla mia realtà,
e quella notte aveva reciso gli ultimi ormeggi tuoi
ed eri andato oltre.

Finalmente, avrai pensato.

Qualche ora dopo baciavo piangendo
la tua bocca socchiusa
le tue labbra fredde
la tua fronte liscia
perché eri già andato
già partito.

Ora che sono passate ventunmilatrecentoottantaquattro ore,
un milione duecento ottanta tre mila e quaranta secondi,
sono risalito pancia in su dall’abisso
e vedo lo specchio del soffitto d’acqua
del pozzo di dolore in cui sono sprofondato allora
e lì mi vedo riflesso deformato e trasformato.

Lo specchio riflette l’immagine perfetta di ciò che sono ora davvero
gli occhi stanchi di pianto
come seccati dal vento
e il mio corpo
zoppo
ingrassato
indebolito.

Per questo alzo lo sguardo
da quel mio sentirmi perduto
e vedo quel che ho ricostruito
che sono venuto fuori
( ho dovuto spazzare via tutto )
vedo la strada fatta
conto quanto m’è rimasto
e me lo faccio bastare.

La mia strada non è quindi la tua
né quella di qualun altro.

È la mia strada,
la mia orbita
il mio chiudere gli occhi
e tenere per mano
il mio sogno

di tenerti per mano.



È morto Andreotti. Nemmeno una parola sprecherò.

il fusso di pensieri solo all'apparenza caotico